La frammentazione sociale comporta anche la crisi delle rappresentanze collettive. Occorre reagire.

Nel capitalismo attuale il cambiamento è vorticoso e la frammentazione sociale cresce. Vedo due tendenze opposte:

a) una positiva ma minoritaria: la resistenza del non profit, le comunità energetiche, i servizi intercomunali ecc. Sono pezzi di società – presenti anche in Friuli VG – che hanno capito come il ‘noi’ prevale sull’io.

b) una tendenza negativa e ahimè maggioritaria con aspetti macroeconomici (es. i cambiamenti nel commercio e nelle città), aspetti tecnologico-ambientali e aspetti politici. Ed essa genera anche moltepliche crisi di rappresentanza/intermediazione soprattutto dei ceti medi: v. le complesse relazioni nella stessa Confindustria in Friuli VG , la cooperazione conflittuale tra artigiani terzisti e grandi committenti, i contrasti di interessi tra agricoltura UE e filiere distributive con le divisioni anche all’interno di Coldiretti, i cambiamenti nelle professioni ecc.

Notoriamente questi ceti medi imprenditivi considerano il lavoro come fonte di progresso sociale e autorealizzazione. Peraltro spesso non disdegnano ‘ambiguiità’ fiscali, né rendite (finanziarie e di status) nè protezioni alla loro microcostituency (es. taxisti), reclamando supporti e servizi sociali … s’intende pubblici. Al di là delle storiche rappresentanze politiche (prevalentemente nel centro-destra) tra questi ceti è in atto una polarizzazione che ai minimi genera fenomeni di ‘proletarizzazione professionale’ che li avvicinano ai già troppi working poors dipendenti. Di conseguenza la volatilità politica è crescente e rende difficile per le policy fare sintesi. Questo avviene in parte anche tra i lavoratori dipendenti europei (tuttora prevalentemente di centro-sinistra): v. i problemi con l’immigrazione o la ‘contraddizione’ tra l’iscrizione al sindacato confederale e il possesso di BOT). Di fatto i sindacati confederali ‘tengono’ ancora grazie ad alcune tradizioni di solidarietà operaia e ai servizi dei CAF, ma perdono in capacità di mobilitazione. E per molti – soprattutto tra i ceti medi – cresce sia il ‘distacco associativo’ che l’astensionismo elettorale.

Il mondo dei professionisti in Italia

Sono divisi tra ordinistici (avvocati, medici ecc) con circa 1,5 milioni di iscritti e quelli non ordinistici (consulenti, informatici ecc) con 1,3 milioni, per un apporto ‘ufficiale’ complessivo al Pil stimato al 10% .
Oltre alle similitudini trasversali (es. il reskilling di fronte alla digitalizzazione), tra i due mondi professionali restano differenze sia di status (protezioni ordinistiche ..con rischi di corporativismo) che di sostanza (es. certificazioni e parcella minima). Inoltre vi sono crescenti differenze di redditività e capacità competitiva tra i grandi studi (es. legali o della consulenza) e la miriade di piccoli studi locali.

Tra i professionals anche il mondo della consulenza di management è in subbuglio: cambiamenti del mercato-target, richiesta di nuovi servizi accanto ai tradizionali controllo di gestione o marketing, volatilità dei contratti con le aziende-clienti ecc.

Think global, act local

Le relazioni di qualità sono il vero motore del lavoro professionale, soprattutto per i piccolo studi. Anche se il know-how resta ‘globale’ (per le fonti e le innovazioni costanti) la maggior parte delle attività dei ‘piccoli’ si svolge nei territori. Dunque sia i singoli che le loro associazioni devono rispettare regole precise a tutela dei clienti (v.LR 13/2004 in Friuli VG), sviluppare impegno proattivo per il marketing associativo e per occasioni di business. Ad es. negli anni con il nostro gruppo friulano di consulenti di management certificati, abbiamo visitato molte aziende innovative, svolte conferenze all’Università e con le associazioni imprenditoriali, organizzato molti seminari interni ed abbiamo anche pubblicato paper tematici a più mani. Oggi Arcom www.arcom.fvg.it prosegue il nostro lavoro con successo.

Carlo Baldassi
Consulente di management, associato ARCOM

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